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392 le confessioni d’un ottuagenario.

rosamente di loro. Un signore piccolo, magro (dicevano) folto di barba, cogli occhi lucentissimi ad onta dell’età che sembrava di cinquant’anni e più, colla fronte molto alta e nuda affatto di capelli. Chi può essere? chi non può essere?... Vanno in sala e la Pisana riconosce più alla voce che alla figura il dottor Lucilio Vianello. Era giunto sopra una nave inglese, sapeva della Clara tornata al secolo, e veniva a chiederle per l’ultima volta l’adempimento delle sue promesse. La Pisana diceva di aver avuto paura del Dottore tanto era cupo e minaccioso; ma la Clara gli rispose netto netto che non lo conosceva più, che si era sposata a Dio, e che avrebbe continuato a pregarlo per l’anima sua.

«Vi assicuro, — così scriveva la Pisana, — che in quel momento lo sdegno, il furore lo ringiovanirono di trent’anni; indi si fece pallido pallido e prese un colore terreo di morte e l’aspetto d’un ottuagenario. Partì curvo, barcollante, mormorando strane parole. La Clara si fece il segno della croce, e m’invitò con voce posatissima a riprendere il nostro rosario. Io soggiunsi che doveva riscaldar il brodo per mio marito, e me ne dispensai; perchè proprio quella scena mi avea fatto male. Non avrei mai creduto che tanta passione covasse sotto quelle apparenze di ghiaccio, durando invitta attraverso le vicende, gli strabalzi, i rivolgimenti d’una vita poco meno che favolosa. Ve lo ricordate a Napoli e a Genova? Non pareva che si fosse dimenticato affatto della Clara? Ce ne chiedeva egli mai novella? — Mai! — Certo mi son convinta che a giudicar nettamente gli uomini bisogna aspettare che siano morti. E voi pure, Carlo, soprastate a giudicar me finch’io non abbia raggiunto la mia povera madre!»

Seguivano poi i soliti saluti e più affettuosi del solito per l’Aquilina, Bruto e i miei figliuoli, già grandicelli, poverini, e pieni di cuore e di buona volontà. Mi si rac-