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396 le confessioni d’un ottuagenario.

turale nella battaglia dei tempi. Di là dal mare rispondeva la Grecia, meno avanzata in civiltà, ma più matura all’indipendenza per consentimento del popolo e per armonia d’opinioni. Il grido disperato di libertà che la vendetta di Alì Tebelen volse ai Greci, prima suoi nemici, risonò in tutti i cuori, dalle fumanti rovine di Parga alle rive melodiose di Sciro. I congressi degli alleati avevano posato un gran masso di ghiaccio sul cuore dell’Europa; ma il fuoco sprizzava all’estremità; muggivano minacciose le viscere della terra.

Fu sullo scorcio del milleottocentoventi che, essendosi immiserite d’assai le nostre condizioni, e venendomi da Spiro buone speranze di aver pagamento del mio famoso credito di Costantinopoli, deliberai andarne a Venezia per abboccarmi con lui. Già fino dal luglio i Carbonari avevano improvvisato la rivoluzione di Napoli, ricavandone pel paese una larghissima costituzione; ma il re Ferdinando era già ito al Congresso degli Alleati in Troppau, ove non istava più tanto in parola colle libere note ad essi inviate da Napoli. Laggiù si armavano contro la tempesta che s’addensava a settentrione. Una mia gita nel Regno era, secondo Spiro, necessaria per cercar l’atto di morte di mio padre, senza del quale il governo turco non intendeva saldare le sue cedole. Dovendo trovar testimoni, e richiamar loro alla mente circostanze dimenticate forse per la lontananza, un tal negozio non poteva trattarsi per lettera. Questo fu il motivo di ottenere il passaporto; del resto era incaricato d’altre bisogne abbastanza delicate per non poterlesi dire a voce alta. Appoggiai la famiglia a Spiro che sarebbe andato a visitarla durante la mia assenza; e partii senza rincrescimento perchè la mia discreta conoscenza delle cose napoletane mi faceva obbligo di prestarmi dove poteva; e questa circostanza avendo richiamato gli occhi sopra di me, non volli demeritare dell’al-