Pagina:Le confessioni di un ottuagenario II.djvu/417

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capitolo ventesimo. 409

sarebbero state disposte ad aprirmi le braccia. Quale specie di grazia fosse quella che mandava un povero cieco a cercar la limosina, Dio vel saprebbe dire. Peraltro ebbi il conforto di sapere che la grazia m’era venuta per intercessione della principessa Santacroce, e che con lei mi era concesso di abboccarmi prima di salpare dal porto di Napoli.

La signora principessa doveva essere invecchiata d’assai, ma aveva quel fare di bontà che è la perpetua giovinezza della donna. Mi accolse benissimo; e poichè non poteva vederla, io avrei giurato che l’aveva trent’anni come al tempo della Partenopea. Ella mi disse di essersi molto adoperata per me, sia nel farmi graziare della vita, sia nell’ottenere la mia liberazione; ma che non avea potuto riescir prima. Inoltre confessava che un’altra persona v’era alla quale più che a lei era certo obbligato; e che quella persona io la conosceva assaissimo, ma che prima di consentire a farsi riconoscere da me, voleva esser sicura dello stato di mia salute, e se veramente era così infermo degli occhi come dicevano. Non so chi credetti che fosse quell’incognita e pietosa persona, ma era impaziente di vederla quel tanto che poteva.

— Signora principessa, — sclamai — pur troppo la luce più limpida degli occhi miei l’ho lasciata a Capua; e sono omai condannato a vivere in un perpetuo crepuscolo!... Le fattezze delle persone che amo mi sono nascoste per sempre, e soltanto coll’immaginazione posso bearmi delle serene ed amabili vostre sembianze! —

M’accorsi che la principessa sorrise mestamente, come di chi credesse guadagnare a non esser veduto.

— Quand’è così, soggiunse ella aprendo un uscio che dava in un gabinetto, venite pure, signora Pisana, che il signor Carlo ha proprio bisogno di voi. —

Per quanto il cuore me lo avesse detto, credo che in