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422 le confessioni d’un ottuagenario.

egli se ne schivò soggiungendo, che certo la cura d’un cieco doveva pesare assai ad una signora avvezza alle delicature veneziane, e che l’aiuto d’un’altra donna l’avrebbe alleggerita di molto.

— Ditemi la verità, Lucilio — soggiunsi io — la salute della Pisana non c’entra per nulla in queste vostre considerazioni?

— C’entra sì... perchè potrebbe guastarsi.

— Dunque, adesso che parliamo, la trovate buona?

— Mio Dio, si può mai dire quando la salute sia buona o cattiva? La natura ha i suoi segreti e non è dato neppur ai medici indovinarli. Vedete, io son invecchiato nella professione, eppure anche ieri mattina lasciai un malato che mi sembrava in via di miglioramento, e a sera lo trovai morto. Sono schiaffi che la natura regala a chi vuol conoscerla troppo addentro, e violare la sua misteriosa verginità. Credetelo, Carlo, la scienza è proprio vergine ancora, finora non l’abbiamo che carezzata sulle guance!

— Oh non credete neppur nella scienza! Ma in cosa credete dunque?

— Credo nel futuro della scienza, se almeno qualche cometa, o il raffreddamento della corteccia terrestre non verrà a guastare l’opera dei secoli. Credo all’entusiasmo dell'animo che irrompendo quandocchesia nella vita sociale, anticiperà di qualche millennio il trionfo della scienza, come il matematico calcolatore è prevenuto, nelle sue scoperte, dalle audaci ipotesi del poeta!

— E perciò, Lucilio, seguitate il sogno della vostra gioventù, e credete rinfocolare questo immenso entusiasmo colle mene segrete, e colle oscure macchinazioni!!...

— No, non censurate almeno beffardamente quello che non capite. Io non corro dietro a un fantasma; accontento un bisogno. Carlo, le mene non sono sempre segrete, nè le macchinazioni oscure!... Toccate questa cicatrice!!... —