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424 le confessioni d’un ottuagenario.

d’elemosina, ma egli diceva alla Pisana, che avea dei doveri verso la sua futura cognata, e non voleva per oro al mondo cedere ad altri il diritto di esserle utile.

— Come? — gli diceva la Pisana — ancora v’incaponite nell’idea di sposar mia sorella? Ma non vedete, che l’è vecchia più ancora d’anima che di corpo, e per soprappiù, monaca dalle unghie ai capelli?...

— Sono incorreggibile, — rispondeva il dottore — quello ch’io ho tentato a vent’anni, e non son riescito, lo tentai a' trenta, a' quaranta, a' cinquanta, lo tenterò ai sessanta che sono molto vicini. La mia vita voglio che sia un tentativo, ma un forte ostinato tentativo: in tutto sono così, e beati gli altri se mi imitassero! Battendo si conficca il chiodo.

— Ma non si sconficca l’ostinazione d’una monaca.

— Bene; dunque non parliamone, di grazia: parliamo piuttosto della signora Aquilina, e dei due ragazzi che dovrebbero star poco ad arrivare. Ne aveste novelle sul loro viaggio?

— Ebbi jeri lettera da Bruxelles — mi intromisi a dir io. — Bruto li accompagna colla sua vecchia gamba di legno. In verità non so come ringraziarvi, d’una sì grossa spesa che vi siete addossata.

— Ringraziar me?... Ma non sapete che cento sterline non mi costano che la stesa d’una ricetta? Prolungo di due giornate la gotta aristocratica d’un nobile lord e guadagno di che far viaggiare l’Europa a tutti voi. Conoscete lord Byron il poeta?... Egli mi volle dare diecimila ghinee, se riesciva ad allungargli di un pollice la gamba diritta di cui zoppica. Benchè ci avessi qualche pretensione di riuscire, con un certo metodo scoperto da me, non avea allora bisogno di denaro, nè voleva perdere il mio tempo a stirare le gambe della Camera alta. Risi dunque sul muso al gran poeta, rispondendogli che avevano bisogno di me allo spedale.