Pagina:Le confessioni di un ottuagenario II.djvu/523

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capitolo ventesimosecondo. 515

com’era da una paralisi, mi rispose che il caffè a Venezia costava poco, e ne beveva assai per far senza brodo. Tra il caffè e l’aria in punto di nutrizione, credo che ci sia pochissima differenza. Notate che qualunque donnicciuola si fosse presentata alla loro porta piagnucolando e paternostrando, era certa di non partire che dopo aver ricevuto un soldo o un tozzo di pane. Son certo che la Clara al suo peggior nemico, se lo avesse avuto, avrebbe fatto parte dell’ultimo caffè, e datoglielo anche tutto, se si fosse imbronciato del poco.

Il conte Rinaldo intanto cercava per mare e per terra un editore delle sue Opere, ma pur troppo non lo trovava. Le ricchezze s’erano accresciute notevolmente in quella lunga pace, non tanto forse quanto si voleva, ma certo cresciute erano; il senso pubblico e l’educazione aveano migliorato assai benchè a rilento, e quasi a ritroso delle circostanze; ma non si guardava tanto lontano, e la carità patria cercava bisogni presenti da soddisfare, piaghe da sanare, desiderii da adempiere, non glorie remote da ravvivare, o vecchie eredità passive da raccogliere. Un inno Manzoniano in onore della Strada-ferrata, che si progettava allora per congiungere Milano a Venezia, avrebbe trovato editori, compratori e lodatori; ma un’opera voluminosa sul commercio degli antichi Veneti non stuzzicava la curiosità del pubblico, e non dava speranza ai librai di guadagnarci gran fatto. Perciò facevano tanto di cappello al signor conte, e dopo aver pesato colla mano il suo manoscritto, glielo restituivano garbatamente senza pur volerlo leggere. Indarno egli si sfiatava a persuaderli di esaminare l’opera sua per conoscerne il valore e l’estensione; essi rispondevano che la reputavano un capolavoro, ma che i lettori non erano preparati a cose tanto sublimi e profonde, e che se lo scrittore secondava le proprie idee, agli stampatori invece si conveniva di soddisfare ai desideri della gente.