Pagina:Le confessioni di un ottuagenario II.djvu/533

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capitolo ventesimosecondo. 525

ch’ebbe il coraggio di opporsi all’invasamento universale; di deridere quelle feste, quelle gridate in piazza, e di chiamar pazzi e femminette coloro che ci credevano. Non parlava e non agiva forse così per antiveggenza politica, ma per mostra di eccentricità o di cinismo; ad ogni modo, fosse anche stata profonda convinzione, era più sfacciataggine che coraggio manifestarla a quel modo, in quei momenti. Anche le illusioni meritano qualche volta rispetto, e così non bisogna sfiorare la verginità d’animo d’un garzoncello, come non è lecito infirmare la fiducia generosa d’un popolo, quando la fede è per sè una forza rigeneratrice. Giulio invece motteggiava e beffeggiava senza riguardo; coloro stessi che forse meglio di lui erano persuasi delle sue opinioni, e ai quali tornava conto quell’opposizione, in pubblico facean le viste di non udire, e tirati in mezzo, disertavano lesti lesti all’entusiasmo dei più. Giulio allora s’ostinava sempre più e percotendo a due mani amici e nemici, smascherava la doppiezza di quelli, scherniva la dabbenaggine di questi, e si godeva di esser fuggito come il corvo dalle male nuove, e odiato come il paladino delle anticaglie e dello statu quo.

Più l’odio era generale, più si faceva un vanto di resistere, e fors’anco cominciava a credere nella verità di alcune fra le sue idee; ma raccolse il solito frutto della sua imprudenza. Gli uomini troppo assoluti e sinceri sono caricati per solito delle colpe di tutto il loro partito, e Giulio si ebbe addosso l’esecrazione generale. Senza sapere appuntino tutte queste vicende, perchè i parenti son gli ultimi ad aver contezza della condotta dei figliuoli, ne subodorai abbastanza per metter Giulio in avvertenza di tutto il male che gliene poteva intervenire. Egli mi rispose che della vita faceva omai il conto ch’ella merita, e che nulla di male poteva intervenirgli persuaso com’era che non fossero mali quelli che affliggono solamente l’immaginazione.