Pagina:Le confessioni di un ottuagenario II.djvu/535

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capitolo ventesimosecondo. 527

dere che tu disprezzi te stesso più di ogni altro?... Via, rispondi; non ti pare che fra i tuoi maestri, i tuoi amici, fra il dottor Ormenta, fra Augusto Cisterna, i suoi figliuoli e il resto della gente non corra alcun divario? Ma se la gente accusa, vitupera, perseguita le azioni di quelli, non è segno che almeno la coscienza pubblica è migliore della loro, e che v’è una vita possibile, possibilissima, e se non felice e dignitosa in tutto, certo più degna di quella cui essi ti hanno invitato?... Temi, temi, Giulio, di esser confuso con simil razza di serpenti; temi che la contraddizione non ti trascini più oltre di quanto non vuoi; e che per la tua smania di distinguerti e di capitaneggiarti, non ti si faccia carico dei delitti e dei vizii di coloro che stanno ora dietro a te, e che al maggior uopo avranno la furberia di lasciarti solo.

— Ti sbagli di grosso sul mio conto — rispose Giulio colla massima pacatezza, e senza onorare la mia predica neppur d’un istante di esame. — Io non ho adottato il credo di nessuno. Il dottor Ormenta e il signor Augusto Cisterna sono vecchi furbi e scostumati non migliori nè peggiori degli altri; ho continuato a stare con loro per abitudine e perchè non ci vedea ragione di mutar compagnia, cascando dalla padella nelle brace, cioè dal vizio nell’impostura. I giovani coi quali costumo son quelli che consentono meglio colle mie idee; e se hanno i loro difetti non posso avermene a male. Quanto poi a farmi soggezione delle ciarle della gente, non sono così sciocco. La mia coscienza mi dirà sempre ch’io la penso più dirittamente di loro, e il mio buonsenso riformerà le sentenze appellabilissime dell’altrui ignoranza. —

Capii che a predicare tutta una quaresima non ci avrei cavato alcun frutto, e lasciai che se n’andasse, sperando e temendo insieme che l’esperienza avrebbe fatto quello che indarno io aveva tentato. Ma cominciava a du-