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le confessioni d'un ottuagenario. |
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mestico a Milano del general Bonaparte; lo avea seguito a Montebello in un segreto abboccamento coi ministri dell’Austria, e poi aveva fatto un gran correre da Milano a Gorizia, da Gorizia a Vienna, e da Vienna ancora a Milano per tornar poi a Vienna indi a poco. Reduce da quest’ultimo viaggio e ravviato per Lombardia avea fatto sosta a Venchieredo per vedere il figliuolo, e gli avea comandato di recarsi tosto a Venezia, ove un prossimo rivolgimento di cose gli preparava grandi fortune. Il signor Raimondo, non volendo separarsi dal suo segretario, Leopardo e la Doretta avean dovuto spiantar casa pur essi: e così si trovavano a Venezia. Ma questi non ne era punto contento, e se non fossero state le preghiere della moglie si sarebbe
fermato volentieri in Friuli. Il povero giovine in tali discorsi diventava di tutti i colori, e durava uno stento grandissimo a non iscoppiare. Io me n’accorsi, e ne lo sviai col domandargli novelle del paese nostro e de’ miei amici e conoscenti. Così conversando e passeggiando per calli e per fondamenta, egli si svagò della solita tetraggine, e quasi dimenticava le proprie sciagure: ma io soffriva per lui pensando al momento quando se ne sarebbe pur troppo risovvenuto. Intanto egli mi confermò la novella della tristissima piega che prendevano gli affari della famiglia di Fratta. Il capitano e monsignore non pensavano che a banchettare e ad attizzare il fuoco: ai vecchi servitori o morti o licenziati era sottentrata una mano di ladroncelli, che mettevano a ruba quel poco che rimaneva. Non c’erano più cazzeruole o tegami che bastassero pel pranzo di monsignore. La Faustina s’era maritata con Gaetano, lo sbirro di Venchieredo, liberato da poco dalla galera; e partendo avea trafugato e venduto
gran parte della biancheria. Il capitano e monsignore litigavano oltrechè per l’attizzatojo anche per la camicia: la signora Veronica li accomodava, strapazzandoli ambidue; e il più buffo si era che al vecchio Sandracca saltava tal-