Pagina:Le dicerie sacre.djvu/12

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Diceria I. 3

più stabile, e saldo. Fede ne rendano tante antichissime statue, che si confervano tuttavia, là dove dell’opere tue non n’è niuna rimasa in piedi. Io ti supero (dice la Pittura) per cagione della universalità, potendo io imitare la nostra commune maestra, non solo in tutte quelle cose che toccare, ma anche in tutte quelle che vedere si possono, percioche rappresento con la differenza de’ vari colori la diversità di tutti gli oggetti insensibili, alla qual cosa tu non aggiugni. Io hò la maggioranza, dice la Scultura, per cagione della realtà. Tu sei sofistica, & apparente, anzi bugiarda, & meretrice, perche della tauola tieni sola la superficie, onde le cose da te dimostre non sono quali in effetto sono. Io imito molto meglio, e molto più al vero mi accosto, mentre le membra formo tutte intiere, e palpabili, non altrimenti di quello che la Natura le fa. Tu contenti appena l’occhio, il quale moltissime volte s’inganna. Io sodisfo al tatto, il quale è fra tutti i sentimenti il più certo. Per la qual cosa è tanta differenza fra me, e te, quanta è dall’essere al parere, dalla sostanza all'accidente, dalla menzogna alla verità. Io hò la preminenza (dice la Pittura) per cagione della fatica. Havvi fatica di corpo, e questa come ignobile lascio à te. Havvi fatica d’ingegno, e quella come nobile serbo per me. Più è difficile, Se maggior fatica intellettuale si richiede in dare ad intendere quel che non è, che in far parere quel che è realmente. Laonde chi non stupisce, mentre io porgendo ad una figura i lumi, & l’ombre ben osservate, la sù scorciare, sfondare, andar lontano, & in campo piano parer rilevata, e ritonda, e per forza di