Pagina:Le dicerie sacre.djvu/286

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Diceria II. *77 tìi.La giuftitia.H«»t inumim'u probibtntem tributa duri Ci/ari . La prouidenza. Situa Cbriflut jaluù fac tcmetij>ià,& not La verità, Quid efl verità ? La macftà.■<!'<« Rex ludi», rum.Là carità fola,fola l’amore lì (erba intatto, nè detrimento alcuno pacifce. A qua multi non fotuerunt extinguere chiritatem. Pater igrw- fteillis. Ben tifi puòdir Signore,si come gii tu dicelìi al Bottigliere di Cana Galilea. Tu antera feruafli bortum vinum v/que adhuc . Fio qui hai confctiuco finsero , e puro quel vino dell’amore , di cu> d'ccua la Spofa . bibite,& inebriammo ckanjftmi ; quel *1110potente , ? i gagliardo.chc ti ridulTe alla ebrietà T»nquar» fotttns trapulmus àvin». Infìno ali’ villino della vita. Infine dikxn et» . Quafi fiaccola, che giunta prclio al coufumarfi, gitt.i maggior vampo di luce. Quafi honuolo, che ewando s.’ accolta al tocco delittore volge più velocemente le ruote . Quali Cigno, che vcjio a_j morte più foauemente canta ; ancorché haiibra ( lutto il corto della vita palefati all’huoruo de] fuo ccleile amore fogni infiniti, nondimeno mentreali’boraeftreniafi auu'cina, Infinem dilexit ecs. Vanno molti fpecolando la cagione , per la quale canta il Cigno morendo, uè fi è fin qui fopra di ciò nttouata opinione.» collante . Faceuafi à credere , petfsafo da' detti di Pittagora fcioccamente Platone , che_j il Cigno hauefle l’anima feparata dalla materia, foprsuiuenteal corpo, cupida della fapienza , e che quindi auuemlle.che quaG coufa- peuole della futura immortalità, e ore/ago A’ vna vita più tranquilla , ne gioiua, e cantai», Tutcauia ò fia per ccitc penae,che quellVcctll®

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