Pagina:Le dicerie sacre.djvu/287

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L a M r s i c a'. habbia fitte nel capo , le quali in quel punto fìmuouauo, e gli diano indirò del fuo morire, òfia perche bauendo il tratto de! collo affai lungone nodofo, mentre dal petto alle fauci ti. ra lo fpirito, vada il fiato per entro quell'oblf- quo canale della gola ferpendo.gorgogliando, e tremando,onde formi vii mormorio fimilej al cantore;ò fia (come p.ù è verifimile ) per lo concotfo del fangue fpinrofo , che gli fi acc». mula intorno al cuore, e lo faccia brillare. Comunque fia, bada (quefto è cerrifiìmo) ch’egli celebra folenniri della fua morte col canto. O Cigno diuino, non fioro Rè d’Hetru- fia , fatto Cigno per dolore del precip;tio di Fetonte; ma vero Rè del Paradifo,fatto Cigno per dolore della reuma dell'huomo. Non dedicato à Febo, come animai Solare , ma lo ftef- fo Sole di giuftitia . Non fiero alla vana Dca_j d’Araore.ma Io ftefso Iddio d’Amore . Taccia hormai la Gentilità menzognera , che’lfalfo Gioue innamorato di Leda , fi trasformali in Cigno, & Helena gcncrafse. Diciamo noi, che innamotaro della noft ra natura ii vero Iddio , fi è fatto Cigno, & hà generata la ChiefLj. Hor quefto Cigno fentendofi oltre l’vfato , e con maggiore ardor,che mai, morder le vitale, c pungere il cuore da quegli fpitti gentili del fuo tenero , Se amorofo affetto, ecco, che morendo canta . Pater ignofet illis. Vaticinò Socrate la futura grandeza di Platone fuo al- lieuo fognando di tenere in grembo vn Cigno pargoletto di prima piuma , e per naturai candore riguardeuoie, il quale appoco appoco rnefse le penne volaua in alto , e riera* pitul’aria di mirabile melodia i quafi con.* que-