Pagina:Le dicerie sacre.djvu/320

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Diceria II. jii i > mi fere carni, e tu le Ipoglia j flic haurebbe fatto in fece tanto ardente per figlio tantodegno,madre tanto amoteuole à natola tanto amorofa ! Sinefiitio. Pur come vo- gli; dire. Vn’luferno quanto alla pena,è quefta paflionmi'a, e di tutti i tormenti infernali per «ricarne le mie fpallc , mentre la perfona del peccatore foftcngo,c ftata accumulata vna farina . Dolores inferni circundcdcrunt me. Pati- feo la pena del fenfo con la grauezza di tanti mali . Panico in patte quella del danno con la priuationed’egni fo.eeprfo . Hauui le tenebre ,

che mi ricuoprono d’.ogni intorno . Hauui gli

pfperti Jiombili, i tolti de'Gmdei più dc’Demo- ni ifteifi difformi. H.iuui la compagnia de gli federati, poiché pendofrà due allaftìni. Giro vna ruota perpetua di dolore in dolore. Volgo vn fatto pefante della paterna volonrà. Sento tn’Auoltoio pungente, ildefiderio dcll'huma- na fallire . Vi c il fiume dcU'cblm oiu-,pere oche di quanto parifeo mi dimentico Vi è l’incendio i ineflinginbile delle coccntiflìme fiamme amo- lofe. Mancaua folo in quefto I&fet»o la pena 1 dcll'Epulonc.P«/«r Air«bum mine Lazarum, vi intinga! extremum digiti fui in acjuam, vt ttfrigertt linguai» meam , quia cruciar in bac fiamma. Io diuino Epulone, quanto gii ricco mi vidi di tutti i beni defidcrabili, che vefti- ua porpora, e biffo, ammantato della ftcla di (gloiia, e palleggiala nelle Jautiflìme menfe del Paradilo ; tan>o hora pouero mi veggo d’ogni conforto, e ridotto-à termine, che in fuoco pe- Dace d’amore languifco per vna cocciola d’se- qua.Etancorch’io me ne ftia,qualì nuouo Eze- chiclio , immeifo nell’acque iefino alla gola. C<r- ?ii