Pagina:Le dicerie sacre.djvu/319

Da Wikisource.

3 io Là M v s i « a iwcem fletus mti. Dtce.ch’à Dio era piaciutali Mufica delle fue lagtime. E quefta è la beuaa- .da , di cui tanto hota fi dimoftra auido in Cro- «e. Sirie,silio. La maggior Cete, che l'affligga, è fo! ia fete delle lagrime noftrc . Quefta è l’acqua .ch'egli ci chiede j E quefta è qutl.'a.che già chiedala alla Donna di Samaria. Mulier 4* tniki bibert. Le quali parole s’egli hauelle io quefto punto dette alla Vergine, io non sò come ella potuto haurebbe fecondo coiai defìde* tio contestarlo , hauendo già dal tanto piangere le conche de oli occhi oggimai afciutte , disfatto quali tutto in humore il cuore ; etlen- do rimato immobile, infenfibile, quafi ftatua di fontana, à cui le canne fomminiftratrici dell’acqua fono ftate guafte , c tecife ; e diacnuta tale , ch’à farla del fuo fuenimenro rrfentire , di quel medefìmo aceto le faciua perauencurabi- fogno nel vifo , di cui il figlio , qirndi à poco hebbe poi fptuizata la bocca . Se figlia in Roma C trouò già cosi pietefa, che per non la- feiare il padre prigioniero morir di fame , an- daua in carcere à cibarlo del proprio Iane_j ; quanto p'ù volentieri ( quaoro potuto hauefle ) baurebbe la madre rettorato il figlio , non ferrato rrà ceppi , ma ferrato da chiodi, non famelico , ma fitibondo, non col lane delle poppe , ma col (angue delle veue ; E fe i figliuoli del Conte Vgolino Pifano , che infieme col padre erano dentro la torre della Muda racchiudi , reggendolo per la fame morderti le mani t fi lcuarono ( come Dante racconta) ,, Dicendo, Padre nj]ai re finmen dt- , ,, Si ih mungi di noi ; Tu ne ve/ti (li »kuez