Pagina:Le dicerie sacre.djvu/368

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Diceria III. terra, è che la luce con la forzi de'fuoi chia- ri lampi lo fqoarci ; Oche la notte accendale lampe del fuo gran tempio , ò che’! giorno vi- bri la face del fuo bel carro ? £ quando la Luna col fuo baleno ìnnargenta le nubi, e quando il Sole col fuo fercno indora le montagne? E quà- do il Cielo vegghiando,conmiH’occhi,raflem- bra vn’Argo, e quando aprendo vna fola luce raflomìglia vn Polifemo, doue fi vede, ò fi può vedere oggetto di bellézza , ò d’ornamento maggiore? Non voglio io co’ più fattili Inquifi* rondella Natura, armato delle Diatetiche faec- te, gli acuti (limoli de gli argomenti aguzzan- do difpurare , fe le (Ielle tratte fuljero da quella mafia di luce, che nel bel principio della fua_j fabrica l'eterno facitore creò ; ò pur fe fattelo della medefima foflanzadel Cielo condenfate, nella guifa, che della materia dell’acqua i pefei, e della materia della terra i terreftti animali poropofìi furono. N= rai P'ace con lunga, e fa- tieuole queftione contendere, s'ellecome nodi affidi in tauola , ò come pefei guizzanti in mare , fieno (late porte in quel Cielo , che preode. dalla fua fermezza il nome, & è l’vltimo confine di tutto il Mondo fenfibile . Bafterammi per horafapere, che le (Ielle fono l’ornamento del Cielo, & hanno per cortume d’andare intorno à quel polo , che fempre appare , girandoli feconde il »ertic« della terra . Ma ò che chiaro fpettacolo di lumi , & ò che lumi in_j I qualità più lucidi , & in quantità più numero» Odi quanti, e quali nel maggior colmo della fua fercnità feoprir ne faglia la pompa del notturno teatro, rapprefentaà gli occhi miei il rodio teligiofa Cielo lUuftrilIimi Caua lieri.