Pagina:Le dicerie sacre.djvu/39

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Natura, seguendo con la specolatione dell’intelletto la fiaccola del lume naturale, da certi incerti anzi che nò, e torbidi raggi di maravigliosi effetti, che l'anima per gli velami del corpo trasfonde, conobbero anch'essi, se non perfetta questa divina imagine, quale i sacri libri l’hannoo manifestata, alcuna ombra almeno, ò vestigio di essa ritrovarvisi. Così Mercurio Trimegisto insegnò à gli Egittij, che dalla bellissima opera dell’huomo può più che da qualunque altra fattura si può intendere il gran fattor Iddio. Così Zoroastro Battriano ferrittore antichissimo negli oracoli Caldei non andò guari da questo parere lontano, onde di lui quel memorabil detto rimase: Signa paterna mens infervit animis. Che dirò di Fiiocide, Poeta di molti Filsofi più antico? Questi l’imagine di Dio a noi occulta investigando, et quasi attingendo non lasciò di farne mentione in quella sentenza: Spiritus est usura Dei mortalibus, atque; imago. È *verisimile, che da questi fonti la medesima dottrina ne'libri di Platone si riversasse, dove questo nobilissimo ammaestrator de’ Filosofi scrisse l'animo nostro esser divino, et immortale, cioè à Dio somigliantissimo. Nè d’altr’acqua è credibile che bevesse Marco Tullio, che della Platonica, nella fua Filosofia dell'huomo quando disse. Providum hoc animal, fagax, multiplex, acutum, memor, plenum rationis, et consilij, praclara quadam conditione generatu à supremo Deo; conchiudendo finalmente. Est igitur homini cum Deo similitud. Al grande Aristotile istesso non fu nascosta quella verità, il qual mentre dice esser proprio della divina natura l'inteudere, e’l sapere: mentre confessa l'hu