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Pagina:Le industrie femminili.djvu/86

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74 le industrie femminilli italiane


nel costume dei gentiluomini dall’abuso delle guernizioni di trina.

L’industria dei merletti, sebbene tra le più fiorenti e gentili che fossero in Venezia, non venne mai ordinata in consorteria, nè retta a statuto; non distoglieva le donne dalla casa, dove patrizie e cittadine menavano, sino agli ultimi due secoli della Repubblica, vita ritiratissima, uscendone soltanto nelle grandi solennità religiose e civili. A Venezia si lavorarono i merletti, nelle case e nei conventi, sin dal 1400, e fors’anche prima, per l’imitazione dei passamani e degli intrecci arabi (macramè). Che se alle volte si notano nei nostri merletti curiose somiglianze con punti e disegni siciliani antichissimi, non vi è forse estraneo il matrimonio del Doge Pietro Ziani con Costanza figlia di Tancredi re di Sicilia — matrimonio avvenuto dopo la presa di Costantinopoli (1205).

Nel 1483, veneziani erano i merletti che Riccardo III d’Inghilterra portò nella sua incoronazione. Ma la fonte cui più copiosamente possiamo attingere per ricostruire la storia del merletto a Venezia, è la raccolta delle leggi suntuarie. Il 17 novembre 1476, una legge proibisce l’argento e i ricami sulle vesti, e " il ponto in aiere e per fil, così fatto ad ago come d’oro e d’argento ". Nel 1542, un’altra legge vieta i ricami e merletti in seta e argento più alti di due dita, che " con grave danno di molti nobili et cittadini nostri „ ornano lenzuola, guanciali e coperte, in occasione di nascite e di battesimi. Circa un secolo dopo la legge suntuaria proteggerà invece i delicati, finissimi lavori, proibendo i merletti " che non fusseno fabbricati in città ", insieme agli alamari e pettorine ingemmate, alle calze d’Inghilterra, ai guanti ricamati d’oro e di perle. I guanti infatti, oltre che di seta ricamata o di pelle con fregi