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Pagina:Le industrie femminili.djvu/85

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venezia


documento del 1597: "Dona Ortensia fa cuoridoro " (Archivio di Stato, Procuratori di S. Marco). Sappiamo però che, pur nei tempi più splendidi della Serenissima, quelle stesse patrizie le quali sfolgoravano di gemme, di samisdoro, di broccati contesti d’oro e d’argento nei conviti e nei festini, sì "ch’,era una maiestà a vederli" passavano ordinariamente molte ore della giornata a lavorar d’ago insieme alle ancelle ed alle schiave, nelle stanze più modeste dei sontuosi palazzi, riconfortandosi... con qualche fetta d’anguria (cocomero). Sappiamo che la Vienna Vendramin Nani era " egregia " nell’arte dei merletti, e nel farne esercitare le donne di casa sua, recetto delle più virtuose giovani della città ", sì che a lei Cesare Vecellio dedicava, nel 1591, la sua splendida raccolta di disegni: "Corona de merli, nobile et bellissima fatura spirituale de mostra et merli; nobilissimi ponti per bavari, per traverse (grembiali), da ninzioni (lenzuola), da tovaglioli; superbissime figure di ponto in aiere; frisi fatti alla grotesca; bellissime mostre per fare ai figliolini colari per il primo vestire; fregi di ponto d’aiere, di bellezza vaga et rosete di ogni altri lavori che a’ nostri tempi si usano in Europa; merli et punti tagliati di bellissima vista che ogidì si usano per tutta Italia; maneghetti che usano le Gentildonne Veneziane", ecc., ecc., ecc.

È titolo di gloria per l’industria veneziana che nel 1665 il Colbert chiamasse in Francia alcune nostre operaie, per ravvivare con nuovi punti, con nuovi disegni la manifattura dei merletti, la quale allora colà si limitava per lo più alla copia di qualche modello di Fiandra. Le leggi suntuarie francesi ci apprendono però che sin dal 1603 il Parlamento di Parigi proibiva la vendita di trine che sorpassassero in valore " les 9 livres l'aune" e nel 1529 deplorava l’effeminatezza portata