Pagina:Le mie prigioni.djvu/118

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Dopo più d’un mese di malattia, la poveretta fu condotta in campagna, e non la vidi più.

È indicibile quant’io gemessi di questa perdita. Oh, come la mia solitudine divenne più orrenda! Oh come cento volte più amaro della sua lontananza erami il pensiero che quella buona creatura fosse infelice! Ella aveami tanto colla sua dolce compassione consolato nelle mie miserie; e la mia compassione era sterile per lei! Ma certo sarà stata persuasa ch’io la piangeva; ch’io avrei fatto non lievi sacrifizi per recarle, se fosse stato possibile, qualche conforto; ch’io non cesserei mai di benedirla e di far voti per la sua felicità!

A’ tempi della Zanze, le sue visite, benchè pur sempre troppo brevi, rompendo amabilmente la monotonia del mio perpetuo meditare e studiare in silenzio, intessendo alle mie idee altre idee, eccitandomi qualche affetto soave, abbellivano veramente la mia avversità, e mi doppiavano la vita.

Dopo, tornò la prigione ad essere per me una tomba. Fui per molti giorni oppresso di mestizia, a segno di non trovar più nemmeno alcun piacere nello scrivere. La mia mestizia era