Pagina:Le mie prigioni.djvu/135

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bia e rileggo. Li lascio in quello stato, passeggio, rileggo ancora ed intanto penso:

— S’io non gli rispondo, ei giudicherà ch’io sia annichilato di confusione, ch’io non osi ricomparire al cospetto di tanto Ercole. Rispondiamogli, facciamogli vedere che non temiamo il confronto delle dottrine. Dimostriamogli con buona maniera non esservi alcuna viltà nel maturare i consigli, nell’ondeggiare quando si tratta d’una risoluzione alquanto pericolosa, e più pericolosa per altri che per noi. Impari che il vero coraggio non istà nel ridersi della coscienza, che la vera dignità non istà nell’orgoglio. Spieghiamogli la ragionevolezza del Cristianesimo e l’insussistenza dell’incredulità. — E finalmente se codesto Giuliano si manifesta d’opinioni così opposte alle mie, se non mi risparmia pungenti sarcasmi, se degna così poco di cattivarmi, non è ciò prova almeno ch’ei non è una spia? — Se non che non potrebb’egli essere un raffinamento d’arte, quel menar ruvidamente la frusta addosso al mio amor proprio? — Eppur no; non posso crederlo. Sono un maligno che, perché mi sento offeso da quei temerarii scherzi, vorrei persuadermi che chi li scagliò non può