Pagina:Le mie prigioni.djvu/136

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essere che il più abbietto degli uomini. Malignità volgare, che condannai mille volte in altri, via dal mio cuore! No, Giuliano è quel che è, e non più, è un insolente, e non una spia. — Ed ho io veramente il diritto di dare l’odioso nome d’insolenza a ciò ch’egli reputa sincerità? — Ecco la tua umiltà, o ipocrita! Basta che uno, per errore di mente, sostenga opinioni false e derida la tua fede, subito t’arroghi di vilipenderlo. — Dio sa se questa umiltà rabbiosa e questo zelo malevolo, nel petto di me cristiano, non è peggiore dell’audace sincerità di quell’incredulo! — Forse non gli manca se non un raggio della grazia, perchè quel suo energico amore del vero si muti in religione più solida della mia. — Non farei io meglio di pregare per lui, che d’adirarmi e di suppormi migliore? — Chi sa, che mentre io stracciava furentemente la sua lettera, ei non rileggesse con dolce amorevolezza la mia, e si fidasse tanto della mia bontà, da credermi incapace d’offendermi delle sue schiette parole? — Qual sarebbe il più iniquo dei due, uno che ama e dice: «Non sono cristiano», ovvero uno che dice: «Son cristiano» e non ama? — È cosa difficile conoscere un uo-