Pagina:Le mie prigioni.djvu/158

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— Io mi chiamo Antonio S..... e mio fratello Giuseppe. —

Poi si voltava indietro, e diceva: — Che cos’altro debbo dimandargli? —

Ed una donna, che suppongo essere stata lor madre, e stava mezzo nascosta, suggeriva parole gentili a que’ cari figliuoli, ed essi le diceano, ed io ne li ringraziava colla più viva tenerezza.

Quelle conversazioni erano piccola cosa, e non bisognava abusarne per non far gridare il custode, ma ogni giorno ripetevansi con mia grande consolazione, all’alba, a mezzodì e a sera. Quando accendevano il lume, quella donna chiudeva la finestra, i fanciulli gridavano: — Buona notte, Silvio!» ed ella, fatta coraggiosa dall’oscurità, ripetea con voce commossa: — Buona notte, Silvio! coraggio! —

Quando que’ fanciulli faceano colezione o merenda, mi diceano: — Oh se potessimo darti del nostro caffè e latte! Oh se potessimo darti de’ nostri buzzolai! Il giorno che andrai in libertà sovvengati di venirci a vedere. Ti daremo dei buzzolai belli e caldi, e tanti baci!