Pagina:Le mie prigioni.djvu/192

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dell’odio mi piacque più del perdono: passai una notte d’inferno.

Il mattino, non pregai. L’universo mi pareva opera d’una potenza nemica del bene. Altre volte era già stato così calunniatore di Dio; ma non avrei creduto di ridivenirlo, e ridivenirlo in poche ore! Giuliano ne’ suoi massimi furori non poteva essere più empio di me. Ruminando pensieri d’odio, principalmente quand’uno è percosso da somma sventura, la quale dovrebbe renderlo vieppiù religioso, — foss’egli anche stato giusto, diventa iniquo. Sì, foss’egli anche stato giusto; perocchè non si può odiare senza superbia. E chi sei tu, o misero mortale, per pretendere che niun tuo simile ti giudichi severamente? per pretendere che niuno ti possa far male di buona fede, credendo d’oprare con giustizia? per lagnarti, se Dio permette che tu patisca piuttosto in un modo che in un altro?

Io mi sentiva infelice di non poter pregare; ma ove regna superbia, non rinviensi altro Dio che se medesimo.

Avrei voluto raccomandare ad un supremo soccorritore i miei desolati parenti, e più in lui non credeva.