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Capo LXXXII.
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Le consolazioni umane ci andavano mancando una dopo l’altra; gli affanni erano sempre maggiori. Io mi rassegnava al voler di Dio, ma mi rassegnava gemendo; e l’anima mia, invece d’indurirsi al male, sembrava sentirlo sempre più dolorosamente.
Una volta mi fu clandestinamente recato un foglio della Gazzetta d’Augsburgo, nel quale spacciavasi stranissima cosa di me, a proposito della monacazione d’una delle mie sorelle.
Diceva: — La signora Maria Angiola Pellico, figlia ec. ec., prese addì ec. il velo nel monastero della Visitazione in Torino ec. È dessa sorella dell’autore della Francesca da Rimini, Silvio Pellico, il quale uscì recentemente dalla fortezza di Spielberg, graziato da S. M. l’Imperatore; tratto di clemenza degnissimo di sì magnanimo Sovrano, e che rallegrò tutta Italia, stantechè, ec. ec. —
E qui seguivano le mie lodi.