Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/118

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principe delle Isole Nere, che aspettavalo con impazienza. — Principe,» gli disse abbracciandolo, «ora non avete più nulla a temere; la vostra crudel nemica più non esiste.

«Il principe, pieno di gratitudine, ringraziò il sultano, ed in premio d’avergli reso tanto segnalato servigio, gli augurò lunga vita con ogni sorta di prosperità. — Potete ormai,» gli disse il sultano, «riposare tranquillo nella vostra capitale, a meno che non vogliate venire nella mia, tanto qui vicina: vi accoglierò con piacere, e vi sarete onorato e rispettato come in casa vostra. — Possente monarca, al quale ho tant’obbligo,» rispose il re, «voi credete dunque d’essere vicino alla vostra capitale? — Così credo,» replicò il sultano; «non vi sono che quattro o cinque ore di cammino. — C’è un anno intiero di viaggio,» tornò a dire il giovane principe.

«Credo che dalla vostra capitale siate venuto nel poco tempo che dite, perchè la mia era incantata; ma dopo che non lo è più, le cose hanno cangiato d’aspetto. Nè ciò m’impedirà di seguirvi, quand’anche si trattasse di andare in capo al mondo. Voi siete il mio liberatore, e per darvi in tutta la vita segni della mia riconoscenza, intendo accompagnarvi, abbandonando senza dispiacere il mio regno.

«Somma fu la maraviglia del sultano udendo di trovarsi tanto lontano da’ suoi stati, e non comprendeva come potesse ciò essere; ma il giovane re delle Isole Nere lo convinse sì bene di tale possibilità, che non ebbe più a dubitarne. — Non importa,» disse allora il sultano; «la pena di tornarmene ne’ miei stati è bastantemente compensata dalla soddisfazione di avervi reso servigio ed acquistato un figlio nella vostra persona; chè, se voleste farmi l’onore di accompagnarmi, non avendo io prole, vi risguardo come tale, e vi creo, fin d’ora, mio erede e successore.