Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/194

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dama la medesima grazia del primo calendero, vicino al quale andò a sedere.

— Sire,» soggiunse Scheherazade, «ormai è giorno, nè posso più continuare. Oso però assicurarvi che per quanto dilettevole sia la storia del secondo calendero, quella del terzo non è men bella. Che vostra maestà si degni risolvere, e dire se vuol aver la bontà di ascoltarla.» Il sultano, curioso di sapere se fosse quanto le prime maravigliosa, si alzò, risoluto di prolungare la vita di Scheherazade, sebbene la dilazione concessale fosse già da più giorni spirata.


NOTTE LIII


— Vorrei,» disse Schahriar verso la fine della notte, «udire la storia del terzo calendero. — Eccomi tosto ad obbedirvi, sire,» rispose Scheherazade. «Il terzo calendero,» soggiunse, «vedendo che ora toccava a lui; dirigendosi, come gli altri, a Zobeide, cominciò in questi sensi la sua storia:

STORIA

DEL TERZO CALENDERO FIGLIO DI RE


«Onorevolissima dama, quanto ho a raccontarvi differisce assai da ciò che finora udiste, dacchè i due principi, i quali hanno parlato prima di me, perdettero ciascuno un occhio per effetto del loro destino, mentr’io in vece l’ho perduto per mia colpa, prevedendo io stesso e cercando la mia propria disgrazia, come conoscerete in seguito.