Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/244

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va, speravamo di giungere il giorno dopo. Ma la notte, mentre io dormiva, le mie sorelle, approfittando delle circostanza, mi gettarono in mare, e trattarono nella stessa guisa il principe, che rimase annegato. Mi sostenni alcuni momenti a galla, e, per fortuna o piuttosto per miracolo, trovai fondo. M’inoltrai verso una macchia nera che mi pareva terra, per quanto l’ oscurità lasciavami distinguere. In fatti, afferrai una spiaggia, ed il giorno mi fe’ conoscere di trovarmi sur un’isoletta deserta, situata a circa venti miglia da Bassora. Fatte asciugare al sole le vesti, e camminando, notai parecchie specie di frutta ed anche una sorgente, talchè ebbi qualche speranza di sostentare la vita.

«Mi riposava all’ombra, quando vidi un serpente alato grossissimo ed assai lungo, che s’inoltrava alla mia volta dimenandosi a destra ed a sinistra, e sporgendo la lingua; pensai che qualche male lo stringesse. Mi alzai, e scorgendolo seguito da un altro serpente più grosso che lo teneva allertato per la coda, e faceva sforzi per divorarlo, n’ebbi pietà. In vece di fuggire, ebbi il coraggio di dar di piglio ad un sasso che mi trovai per caso vicino, e scagliatolo con quanta forza aveva contro il serpente più grosso, lo colpii nella testa, e lo schiacciai. L’altro, sentendosi in libertà, aprì tosto le ali e volò via; io stetti a guardarlo molto tempo in aria come cosa strana, ma perdutolo di vista, tornai a sedere all’ombra in un altro sito, e m’addormeutai.

«Nel destarmi, figuratevi la mia sorpresa al vedermi vicino una donna negra di belli e simpatici lineamenti, che teneva al guinzaglio due cagne del medesimo colore. Mi alzai, e le chiesi chi fosse. — Sono,» rispose, «il serpente che poco fa liberaste dal suo implacabile nemico. Credetti non poter meglio ricompensare sì importante servigio