Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/278

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TERZO VIAGGIO DI SINDBAD IL NAVIGATORE.


«Smarrii in breve,» disse, «nelle dolcezze della vita che conduceva, la memoria dei pericoli incorsi ne’ miei due viaggi; ma siccome mi trovava nel fiore degli anni, m’annoiai di vivere nel riposo, ed illudendomi sui nuovi perigli che doveva affrontare, partii da Bagdad con ricche merci del paese, che feci trasportare a Balsora, nel qual luogo m’imbarcai di nuovo con altri mercadanti. Intrapresa una lunga navigazione, approdammo in varii porti, ove facemmo un gran commercio.

«Un giorno ch’eravamo in alto mare, si scatenò un’orribile tempesta, la quale ci spinse fuor di strada, e continuando per parecchi giorni, giungemmo davanti al porto di un’isola, dove il capitano avrebbe desiderato volentieri dispensarsi dall’entrare, ma fummo costretti di andarvi a gettar l’ancora. Ammainate le vele, il capitano ci disse: — Quest‘isola ed alcune altre vicine sono abitate da selvaggi tutti pelosi, che fra poco verranno ad assalirci. Sebbene siano nani, la nostra disgrazia c’impone di non far alcuna resistenza, essendo essi in maggior numero delle locuste, e ove ci accadesse di ucciderne qualcuno, si getterebbero tutti su noi e ci amazzerebbero.»

Il giorno, che venne ad illuminare l’appartamento di Schahriar, impedì a Scheherazade di continuare. La notte seguente ripigliò essa la parola in questi sensi: