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Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/337

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dintorni. Chiamato colui: — Buon uomo,» gli dissi, «dimmi, te ne prego, dove hai preso quel pomo. — È questo un dono,» mi rispos’egli sorridendo, «che mi fece la mia amante. Sono andato oggi a trovarla, e si sentiva un po’ male. Le vidi tre pomi vicino, e chiestole d’onde li avesse avuti, mi rispose che il dabben uomo di suo marito aveva intrapreso appositamente un viaggio di quindici giorni per andarglieli a cercare. Avevamo già fatta colazione insieme, e partendo portai via questo che vedete. —

«Quelle parole mi fecero uscir di senno. Mi alzai, e chiusa la bottega, corsi frettoloso a casa; salito alla camera di mia moglie, guardai prima ove fossero i pomi, e vedendone due soli, le chiesi conto del terzo. Allora, volse mia moglie la testa dalla parte dei pomi, e non iscorgendone che due, freddamente rispose: — Cugino, non so cosa ne sia stato.» A tale risposta, non ebbi più dubbio alcuno a prestar fede al discorso dello schiavo: lasciatomi trasportare da geloso furore, sguainai un coltello che teneva alla cintola, e lo immersi nel seno della sciagurata. Le tagliai poscia la testa, ne feci in pezzi il cadavere, e fattone un pacchetto, lo nascosi in una sporta; e cucitone l’apertura con un filo di lana rossa, la chiusi in un cofanetto, che, giunta la notte, caricai sulle spalle, ed andai a gettarlo nel Tigri.

«I miei figli più piccoli erano già a letto ed addormentati, ed il terzo trovavasi fuor di casa; ma al mio ritorno, lo trovai seduto vicino alla porta, che piangeva a calde lagrime. Gli chiesi il motivo del suo pianto. — Papà,» mi disse, «ho preso questa mattina alla mamma, senza ch’ella mi vedesse, uno dei tre pomi che le hai portati; lo tenni per un pezzo, ma mentre giuocava in istrada poco fa coi miei fratellini, un brutto schiavo che passava me lo strappò di mano e lo portò via; gli corsi dietro ridoman-