Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/343

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adunava. Ogni qual volta il sultano andava a caccia, uno de’ fratelli l’accompagnava, ed avevano alternamente tal onore. Un giorno che, dopo cena, discorrevano di cose indifferenti (era la vigilia d’una caccia, nella quale doveva il maggiore seguire il sultano), questi disse al minore: — Fratello, poichè non siamo ancora ammogliati nè voi ned io, e viviamo in perfetta unione, mi viene un’idea: sposiamo amendue in un medesimo giorno due sorelle, da scegliersi in qualche famiglia che ci convenga. Che cosa dite di questo pensiero? — Dico, fratello,» rispose Nureddin Alì, «ch’è degno dell’amicizia che ne stringe. Non si potrebbe pensar meglio, e per me sono disposto a fare le vostre brame. — Oh! ma non basta,» ripigliò Schemseddin Mohammed; «la mia immaginazione va più oltre. Supposto che le nostre mogli concepiscano la prima notte delle nostre nozze, e che poscia si sgravino in uno stesso giorno, la vostra di un maschio, d’una femmina la mia, li mariteremo insieme quando avranno l’età. — Ah!» sclamò Nureddin Alì; «bisogna confessare che il progetto è ammirabile. Cotesto matrimonio coronerà la nostra unione, ed io vi do più che volentieri il mio assenso. Ma, fratello,» aggiunse, «se questo matrimonio accadesse, pretendereste che mio figliuolo porti a vostra figlia una dote? — Non c’è da dubitarne,» ripigliò il maggiore, «e son certo che oltre alle stipulazioni ordinarie del contratto di nozze, voi non mancherete d’accordare in suo nome almeno tremila zecchini, tre buone terre e tre schiave. — Non la intendo come voi,» disse il minore. «Non siamo noi fratelli e colleghi, rivestiti amendue del medesimo titolo d’onore? D’altronde, non sappiamo forse, voi ed io, quello ch’è giusto? Il maschio essendo più nobile della donna, non toccherebbe a voi di dare una grossa dote a vostra figlia? A quanto veggo, siete uomo da fare le vostre faccende a spese altrui. —