Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/392

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gran tazza, nella quale pose neve candidissima (1); e presentando la tazza al piccolo Agib: — Prendete,» gli disse, «è sorbetto di rosa, il più delizioso che si possa trovare in questa città: non ne avrete mai assaggiato di meglio.» Avendone Agib bevuto con piacere, Bedreddin ripigliò la tazza, e la presentò anche all’eunuco, il quale ne sorbì il contenuto fino all’ultima goccia.

«Finalmente, sazii Agib e l’aio suo, ringraziarono il pasticciere del buon trattamento loro usato, e ritiraronsi in fretta, essendo già un po’ tardi. Giunti alle tende di Schemseddin Mohammed, andarono prima a quella delle dame; l’avola di Agib si rallegrò al rivederlo, e siccome aveva sempre presente il figlio Bedreddin, non potè, abbracciando il fanciullo, trattenere le lagrime. — Ah! figliuol mio,» gli disse, «la mia gioia sarebbe al colmo, se, come vi abbraccio, potessi aver il piacere di abbracciare vostro padre Bedreddin Hassan.» Si metteva allora a tavola per la cena; laonde, costrettolo a sederle vicino, gli diresse varie interrogazioni sulla sua passeggiata, e dicendogli che non dovea mancar d’appetito, gli diè un pezzo di torta di crema fatta di propria mano, e che era eccellente, poichè abbiam già detto ch’essa le sapeva far meglio dei migliori pasticcieri. Ne presentò pure all’eunuco; ma ne avevano amendue tanto mangiato da Bedreddin, che non poterono neppur assaggiarne...»

Il giorno che appariva impedì a Scheherazade di proseguire per quella notte; ma verso il fine della successiva, continuò il racconto nel seguente tenore:


  1. Così si suol rinfrescare prontamente le bevande in tutti i luoghi del Levante, ove si fa uso di neve.