Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/458

Da Wikisource.

48

mi l’amore fatto commettere un grave fallo, avendomi turbato l’intelletto in modo da non accorgermi che colei se ne andava senza pagare, e senza che le avessi neppur domandato chi fosse ne dove abitasse. Riflettei pertanto esser io responsabile d’una grossa somma a parecchi mercadanti, i quali forse non avrebbero la pazienza di aspettare. Andai da loro a scusarmi, dicendo che conosceva la dama. Tornai infine a casa tanto innamorato quanto imbarazzato d’un sì grosso debito...»

Scheherazade, a questo passo, vedendo comparire il giorno, cessò di parlare. La notte seguente continuò in questi termini:


NOTTE CXLIII


— «Aveva pregato i miei creditori,» proseguì il mercadante, «a voler aspettare otto giorni pel pagamento, scorso il qual termine, non mancarono di pregarmi a soddisfarli. Li supplicai allora di concedermi la stessa dilazione: acconsentirono; ma all’indomani vidi giungere la dama, montata sulla mula, col medesimo seguito ed all’ora stessa della prima volta. Venne tosto da me e disse: — Vi ho fatto un poco aspettare, ma infine vi reco il danaro delle stoffe: che presi l’altro giorno; portatelo dal cambiavalute per vedere se è di buona lega, o se giusto è il conto.» L’eunuco, il quale aveva il danaro, venne con me dal cambiavalute, e la somma si trovò giusta e tutta di buon argento. Tornai, ed ebbi di nuovo la fortuna di conversare colla dama finchè furono aperte tutte le botteghe del bezestin. Benchè parlassimo