Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/465

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quel baule.» Non posso dire se fossi vivo o morto in tal momento; ma non credeva di sfuggire a sì grande pericolo....»

Scheherazade, a queste ultime parole, vedendo spuntare il giorno, interruppe la sua narrazione; ma sul finire della notte successiva continuò come segue:


NOTTE CXLVI


— «Quando la favorita di Zobeide,» proseguì il mercadante di Bagdad, «vide che il califfo voleva assolutamente veder aperto il forziere nel quale io stava: — Circa a questo,» gli disse, «vostra maestà mi farà, spero, la grazia di dispensarmi dal fargliene vedere il contenuto: sono cose che non posso mostrarvi se non alla presenza della vostra sposa. — Va bene,» disse il califfo; «sono contento: fate portar via quei bauli.» Li fece essa subito recare nella sua stanza, dove cominciai a respirare.

«Quando gli eunuchi che li avevano portati furono partiti, aprì essa prontamente quello nel quale stava prigioniero. — Uscite,» mi disse; «mostrandomi la porta d’una scala che conduceva ad una camera superiore: «Salite,» continuò, «ed andate ad attendermi lassù.» Non mi aveva appena chiusa dietro la porta, che entrò di nuovo il califfo, e si pose a sedere sul baule, d’onde io era allora uscito. Aveva origine quella visita da un moto di curiosità che non mi riguardava; il principe voleva interrogarla su quanto avesse veduto ed inteso per la città. Conversarono insieme buona pezza, e finalmente la lasciò, ritirandosi nel proprio appartamento.

«Allorchè si vide libera, mi venne a trovare nella