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NOTTE CXLVIII


L’indomani, Scheherazade, svegliatasi prima di giorno, riprese così il racconto della notte precedente:

— «Tutte le dame,» disse il mercadante di Bagdad, «che mi avevano veduto ricevere mille nervate, ebbero pietà di me quando udirono parlare di farmi tagliar la mano. — Cara sorella e nostra buona signora,» dissero elleno alla favorita, «voi spingete tropp’oltre il vostro risentimento. È, per dir vero, un uomo che non sa vivere, ed il quale ignora il vostro grado ed i riguardi che meritate; ma vi supplichiamo di non dar peso al suo fallo, e perdonargli. — Non sono soddisfatta,» essa ripigliò; «voglio che impari a vivere, e porti segni tali della sua sucidezza, che non s’avviserà più in tutta la sua vita di mangiare un ragù d’aglio senza ricordarsi poi di lavar le mani.» Non iscoraggiaronsi quelle pel suo rifiuto; ma gettatesi a’ suoi piedi e baciandole la mano: — Buona signora,» le dissero; «in nome di Dio, moderate la vostra collera, e accordateci la grazia che vi domandiamo.» Non rispose colei, ma si alzò, e voltomi mille improperii, uscì dalla stanza. Tutte le dame la seguirono, lasciandomi solo in inconcepibile afflizione.

«Rimasi dieci giorni senza veder altri che una vecchia schiava, la quale veniva a portarmi da mangiare. Le domandai un giorno notizie della favorita. — È ammalata,» rispose la vecchia, «per l’avvelenata puzza che le faceste respirare. Ma perchè non aveste cura di lavarvi le mani dopo aver mangiato di quel maledetto intingolo? — Possibile,» dissi allora tra me, «che la dilicatezza di queste dame sia tale,