Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/471

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e ch’esse siano tanto vendicative per un fallo sì leggiero?» Amava non pertanto mia moglie, e malgrado la sua crudeltà, non cessava di compiangerla.

«Un giorno, la schiava mi disse: — La vostra sposa è guarita; è andata al bagno, e mi disse che verrà a vedervi domani. Dunque abbiate pazienza, e cercate accomodarvi al suo umore. D’altronde, è persona saggissima, ragionevole ed assai cara a tutte le dame, che trovansi presso Zobeide, nostra rispettabile padrona. —

«Infatti mia moglie venne all’indomani, e mi disse: — Bisogna ch’io sia ben buona se vengo a trovarvi dopo l’affronto che mi faceste. Ma non posso risolvermi a riconciliarmi con voi, se non v’ho prima punito come meritate per non esservi lavate le mani dopo aver mangiato del manicaretto d’aglio.» Chiamò allora alcune donne, che mi distesero, dietro suo ordine, per terra; e legatomi, colei prese un rasoio, ed ebbe la barbarie di tagliarmi ella medesima i quattro pollici. Una delle dame mi applicò una certa radice per ristagnare il sangue; ma non impedì che non ismarrissi i sensi per la quantità che ne aveva perduto e pel dolore sofferto. —

«Risensato, mi si diede a bere un po’ di vino per farmi racquistar le forze. — Ah! signora,» dissi allora alla mia sposa, «se mai mi accade di mangiar ancora ragù d’aglio, vi giuro che, invece d’una sola, mi laverò centoventi volte le mani col kali, colla cenere della stessa pianta e col sapone. — Ebbene,» rispose mia moglie, «a tal condizione, dimenticherò il passato, e acconsentirò a vivere con voi come con mio marito. —

«Ecco, o signori,» soggiunse il mercadante di Bagdad, volgendosi alla società, «eccola ragione per cui vedeste che ho ricusato di mangiare il manicaretto d’aglio che mi stava davanti...»