Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/617

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sciano tregua, dacchè vi ho perduto di vista, sono garanti di quanto vi scrivo.

«Non son io ben infelice d’esser nata per amare, senza speranza di fruire dell’oggetto che amo? Questo desolante pensiero mi opprime a tal segno che ne morrei, se non fossi persuasa che voi mi amiate. Ma una sì dolce consolazione contrabbilancia la mia disperazione, e mi attacca alla vita. Scrivetemi che mi amate sempre: conserverò la vostra lettera preziosamente, e leggendola mille volte al giorno, soffrirò i miei mali con minor impazienza. Auguro che il cielo cessi d’essere irato contro di noi, e ne faccia trovare l’occasione di dirci senza ostacoli, che ci amiamo e che non cesseremo mai d’amarci. Addio. Saluto Ebn Thaher, al quale dobbiamo entrambi tante obbligazioni.»


NOTTE CXCVI


— Non si contentò il principe di Persia d’aver letta una volta questa lettera, sembrandogli averlo fatto con troppo poca attenzione. Tornò dunque a percorrerla più lentamente, e leggendola, ora mandava tristi sospiri, ora versava lagrime, ora prorompeva in trasporti di gioia e di tenerezza, secondo la qualità dei sentimenti ond’era agitato a tal lettura. Insomma, non si stancava di percorrere cogli occhi quei caratteri vergati da una mano sì cara, e preparavasi a rileggerli per la terza volta, quando Ebn Thaber fecegli osservare che la confidente non aveva tempo da perdere, e che dovesse pensare a scrivere la risposta. — Aime!» sclamò il principe; «come volete che risponda ad una lettera sì tenera? Con quali termini esprimerà il turbamento in cui mi trovo? Ho l’ani-