Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/654

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vidi ch’era in istato di parlare (non avendo fin allora fatto che piangere, gemere e sospirare), le domandai in grazia di volermi dire per qual ventura scampata fosse dalle mani dei ladri. — Perchè esigete da me,» mi disse con un profondo sospiro, «che rinnovi sì grave soggetto di dolore? Volesse Iddio che i malandrini, invece di conservarmela, mi avessero tolta la vita! così sarebbero finiti i miei tormenti, e più non vivrei per vie maggiormente soffrire! — Signora,» ripigliai, «vi supplico di non rigettare le mie istanze. Non ignorate essere una specie di consolazione per gl’infelici il raccontare le loro più dolorose disgrazie: Quello che vi domando vi recherà sollievo, se avete la bontà di accordarmelo.

«— Ascoltate,» essa mi disse allora, «la cosa più desolante che accader possa ad una persona appassionata quant’io le sono, e che credeva di non aver più nulla a desiderare. Quando vidi entrar i malandrini colla sciabola ed il pugnale in mano, credetti esser giunta all’ultimo giorno della nostra vita, il principe di Persia ed io, nè dolevami della morte, nel pensiero che doveva con lui morire. Invece di gettarsi su noi per trapassarci il cuore, come me lo aspettava, udii comandare a due di custodirci, e gli altri frattanto fecero fagotto di tutto ciò che trovavasi nella stanza e nelle camere vicine. Quand’ebbero finito, recatisi in ispalla i fardelli, uscirono, e ci condussero con loro.

«Per istrada, uno di quelli che ci accompagnavano mi domandò chi fossi, ed io gli dissi di essere una ballerina. Fece la medesima domanda al principe, il quale rispose ch’era un popolano.

«Giunti a casa loro, ebbimo nuovi motivi di spavento, chè mi circondarono tutti, e dopo aver considerato il mio abito ed i ricchi gioielli, dei quali andava adorna, cominciarono a dubitare ch’io avessi mascherata la verità. — Una ballerina non è fatta come voi,» mi dissero; «palesateci chi veramente siete. —