Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
248 |
«— Spicciatevi a dirmelo,» rispose il principe, «e non mi fate languire; son pronto a morire, se n’è d’ uopo. —
«Il gioielliere gli raccontò allora quanto aveva saputo dalla confidente. — Voi ben vedete,» continuò egli, «che la vostra perdita è sicura. Alzatevi dunque, e fuggite prontamente: il tempo è prezioso. Non dovete esporvi alla collera del califfo; e meno ancora a nulla confessare in mezzo ai tormenti. —
«Poco mancò che il principe, in quel momento, non spirasse di dolore, d’angoscia e di spavento. Messosi a meditare, domandò quindi al gioielliere qual risoluzione gli consigliasse di prendere in una congiuntura in cui non eravi istante da non doverne approfittare. — Non c’è altro,» rispose il gioielliere, «fuorchè montare al più presto a cavallo, e prendere la strada di Anbar (1), onde arrivarvi domani prima di giorno. Prendete de’ vostri chi crederete meglio, con buoni cavalli, e permettete ch’io mi metta in salvo con voi. —
«Il principe di Persia, che non vide partito migliore, si accinse a fare i preparativi meno imbarazzanti, prese denaro e gioie, e congedatosi dalla genitrice, partì allontanandosi in tutta fretta da Bagdad col gioielliere e coi domestici da lui scelti.
«Camminarono il resto del giorno e tutta la notte senza mai fermarsi, fino a due o tre ore prima dell’alba; allora, stanchi di sì lungo viaggio, e non potendone più i cavalli, smontarono per riposare.
«Non avevano appena avuto il tempo di respirare, quando si videro d’improvviso assaliti da una grossa banda d’assassini. Si difesero qualche tempo con coraggio; ma la gente del principe rimase uccisa,
- ↑ Era Anbar una città sul Tigri, venti leghe al di sotto di Bagdad.