Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/750

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ligenze possibili per rendere gli estremi doveri al defunto. Ne lavò il cadavere, ed avendogli scavata una fossa nel giardino (poichè, siccome i maomettani non erano che tollerati in quella città d’idolatri, essi non vi avevano pubblico cimitero), lo sotterrò egli solo, e non finì di adempiere al pietoso ufficio se non verso al tramonto. Partì allora, senza perder tempo, per imbarcarsi; portò seco anche la chiave del giardino, per far più presto, coll’idea di consegnarla al proprietario nel caso che potesse trovarlo, o darla a qualche persona di confidenza, al cospetto di testimoni, per rimettergliela. Ma giunto al porto, udì che il vascello aveva salpato già da un bel pezzo, e ch’era già fuor di vista. Aggiunsero che non aveva messo alla vela se non dopo averlo aspettato tre buone ore....»

Scheherazade voleva proseguire; ma il chiarore del giorno, del quale si avvide, la costrinse al silenzio. Ripigliò la stessa storia la notte seguente, e disse al sultano delle Indie:


NOTTE CCXXVI


— Sire, estrema fu l’afflizione del principe Camaralzaman, com’è facile immaginare, al vedersi costretto a restar ancora in un paese, dove non aveva, nè voleva avere alcuna relazione, e dover aspettare un altro anno per ritrovare l’occasione smarrita, viemaggiormente desolandosi d’essersi privato del talismano della principessa Badura, ch’ei tenne come perduto. Intanto, non ebbe altro partito da prendere fuorchè tornare al giardino d’ond’era uscito, prenderlo in affitto dal proprietario cui apparteneva, e continuare a