Pagina:Le mille ed una notti, 1852, III-IV.djvu/102

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«II re Zinebi si lasciò persuadere, ed abbandonò Noreddin alla discrezione del visir Sauy, il quale lo condusse sotto buona scorta alla propria casa; giunto colà, lo fece bastonare ben bene finchè rimase come morto, ed in tale stato trasferire in prigione, ove comandò che fosse messo nel luogo più oscuro e profondo, con ordine al carceriere di non dargli che pane ed acqua.

«Quando Noreddin, affranto dai colpi, fu tornato in sè, e si vide nella prigione, mandò grida lamentevoli, deplorando la misera sua sorte. — Ah! pescatore,» sclamava, «come m’ingannasti, e quanto sono stato facile a crederti! Poteva mai aspettarmi un destino sì crudele dopo il bene che ti feci? Ma pure Dio ti benedica; io non posso credere che la tua intenzione fosse sì maligna, e porterò pazienza sino alla fine de’ miei guai. —

«L’afflitto Noreddin rimase dieci giorni intieri in quello stato, ed il visir Sauy non dimenticò d’avervelo fatto mettere; risoluto di privarlo di vita ignominiosamente, pure non osò d’intraprenderlo di propria autorità. Per riuscire nel suo pernicioso disegno, caricò parecchi schiavi di ricchi donativi, ed andato a presentarsi al re alla loro testa: — Sire,» gli disse con rea malizia, «ecco ciò che il nuovo re supplica vostra maestà di voler aggradire all’atto del suo avvenimento al trono. —

«Comprese il re ciò che Sauy voleva fargli intendere. — E che!» sclamò; «quello sciagurato vive ancora? Credeva che già tu lo avessi fatto morire. — Sire,» rispose Sauy, «non tocca a me il togliere alcuno di vita; tocca a vostra maestà. — Va,» replicò il re, «fagli troncare la testa; te ne do il permesso. — Sire,» disse allora il visir, «sono infinitamente grato alla maestà vostra della giustizia che mi rende. Ma siccome Noreddin mi ha