Pagina:Le mille ed una notti, 1852, III-IV.djvu/103

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fatto pubblicamente l’oltraggio ch’ella non ignora, le domando per grazia di permettere che il supplizio venga eseguito davanti al palazzo, e che i banditori vadano ad annunziarlo per tutta la città, affinchè niuno ignori che l’offesa fattami da lui, sarà pienamente riparata.» Accordogli il re quanto domandava, ed i banditori, facendo il loro dovere, sparsero una generale tristezza in tutta la città, poichè la memoria ancor recente delle virtù del padre faceva udire con indignazione che si volesse suppliziare con tanta ignominia il figliuolo, ad istigazione e per malignità del visir Sauy.

«Questi intanto andò in persona alla prigione, accompagnato da una ventina di schiavi, ministri della sua crudeltà. Gli fu condotto Noreddin, ed ei lo fece mettere sur un ronzino senza sella; quando il giovane videsi abbandonato nelle mani del suo nimico: — Tu trionfi,» gli disse, «ed abusi del tuo potere; ma io confido nella verità di queste parole d’uno de’ nostri libri: «Voi giudicate ingiustamente, e in breve sarete voi medesimo giudicato.» —

«Il visir Sauy, che trionfava veramente in sè medesimo: — Come, insolente,» gridò, «osi insultarmi ancora? Va, te lo perdono; checchè accada, avrò avuto il contento di vederti tagliata la testa agli occhi di tutta Balsora. Tu devi sapere ancora ciò che dice un altro de’ nostri libri: «Che importa di morire la domane della morte del nostro nimico?» —

«Quel ministro, implacabile nel suo odio e nell’inimicizia sua, circondato da una parte de’ suoi satelliti armati, fecesi condurre davanti Noreddin dagli altri, e s’avviò verso il palazzo. Il popolo fu sul punto di scagliarsi contro il visir, e l’avrebbe lapidato se qualcuno dato ne avesse l’esempio. Quando ebbero condotto il paziente fino alla piazza del palazzo, alla vista dell’appartamento reale, Sauy lo lasciò in