Pagina:Le mille ed una notti, 1852, III-IV.djvu/237

Da Wikisource.

215


sottratto all’ira di quel principe, il castigo è ricaduto su voi. Tutti biasimano il risentimento del califfo, ma tutti lo temono, e voi vedete che il re Zinebi medesimo non osa contravvenire a’ suoi ordini nella tema di dispiacergli. Perciò, tutto quello che possiamo fare è di compiangervi, ed esortarvi alla pazienza.

«— Conosco mio figlio,» rispose la madre di Ganem; «io l’ho educato con gran cura, e nel rispetto dovuto al Commendatore de’ credenti. Egli non ha certo commessa la colpa che gli viene apposta, e rispondo della sua innocenza. Cesso dunque di mormorare e lagnarmi, poichè soffro per lui, e so ch’egli non è morto. Ah, Ganem!» soggiunse, trasportata da un movimento misto di tenerezza e di gioia, «mio caro figlio, è mai possibile che tu viva ancora? Non deploro più i miei beni; ed a qualunque eccesso giunger possano gli ordini del califfo, gliene perdono tutto il rigore, se il cielo m’ha conservato il figliuolo. Non v’ha che mia figlia, la quale mi affligga: i suoi mali soli formano tutto il mio affanno. La credo però abbastanza buona sorella da seguire il mio esempio. —

«A quei detti, Forza de’ Cuori, ch’era parsa fin allora insensibile, si volse alla madre, e gettandolo le braccia al collo: — Sì, mia cara madre,» le disse, «io seguirò sempre il vostro esempio, a qualunque estremità condurvi possa il vostro amore per mio fratello. —

«La madre e la figlia, confondendo così i sospiri e le lagrime, rimasero a lungo in quel commovente amplesso. Intanto le donne della regina, intenerite da sì pietoso spettacolo, non dimenticarono d’impegnare la madre di Ganem a prendere qualche ristoro; ella mangiò un boccone per contentarle, e Forza de’ Cuori fece altrettanto.