Pagina:Le mille ed una notti, 1852, III-IV.djvu/478

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Ma qual dono avete voi da fargli? E quando pure aveste qualche cosa che fosse degno della menoma attenzione di sì possente monarca, qual proporzione vi sarebbe mai tra il vostro presente e la domanda che volete fargli? Rientrate pertanto in voi stesso, e pensate che aspirate a cosa impossibile a conseguire. —

«Aladino ascoltò tranquillamente tutto ciò che seppe dirgli la madre per cercare di stornarlo dal suo disegno, e dopo aver riflettuto su tutti i punti delle di lei rimostranze, presa infine la parola: — Confesso,» le disse, «ch’è molta temerità la mia di osar volgere sì alto le mie pretensioni, ed una grande sconsideratezza di aver richiesto da voi con tanto calore e vivacità, che andaste a fare al sultano la proposta del mio matrimonio, senza pensare in pria ai mezzi opportuni di procurarvi un’udienza ed un accoglimento favorevoli. Ve ne domando perdono, ma nella violenza della passione che mi travaglia, non vi maravigliate se alla prima non badai a tutto ciò che servir potesse a procurarmi il riposo che cerco. Amo la principessa Badrulbudur al di là di quanto potreste immaginare, o piuttosto l’adoro, e persevero sempre nell’idea di sposarla: è cosa ferma e risoluta nel mio animo. Vi sono grato della riflessione che adesso mi faceste; la considero come il primo passo che procurar devemi la felice riuscita cui mi riprometto. Mi diceste non esser l’uso di presentarsi davanti al sultano colle mani vuote, e ch’io nulla posseggo degno di lui. Sono d’accordo circa al dono, e vi confesso di non averci pensato. Ma riguardo a ciò che mi dite, non aver io nulla che possa essergli presentato, credete voi, madre mia, che quanto portai nel giorno in cui venni liberato, nel modo che sapete, da inevitabil morte, non sia cosa atta a farne un regalo graditissimo al sultano? Parlo di ciò che