Pagina:Le mille ed una notti, 1852, III-IV.djvu/524

Da Wikisource.

110


parlare, viene da un pochetto d’invidia.» L’ora d’entrare in consiglio gl’impedì di continuare più a lungo il discorso.»


NOTTE CCCXXX


— Sire, riportato Aladino in propria casa e congedato il genio, trovò sua madre già alzata, e che cominciava ad abbigliarsi con uno degli abiti ch’egli avevale fatto recare; circa verso il tempo che il sultano stava per uscire dal consiglio, egli indusse la madre ad andare al palazzo colle sue schiave venute pel ministero del genio. La pregò dunque, se vedesse il sultano, di dichiarargli ch’ella veniva per aver l’onore di accompagnare verso sera la principessa, quando fosse in grado di passare nella sua dimora. Partì infine; ma benchè essa e le schiave, che la seguivano, fossero tutte vestite da sultane, la folla non dimeno fu minore a vederle passare, essendo elleno velate, ed un soprabito conveniente copriva la ricchezza de’ loro abbigliamenti. Aladino poi salì a cavallo, ed uscito dalla casa paterna per non più tornarvi, non dimenticando la lucerna maravigliosa, il cui soccorso eragli stato tanto utile per giungere al colmo della felicità, si recò pubblicamente al suo palazzo colla pompa medesima, ond’erasi recato il giorno precedente a presentarsi al sovrano.

«Appena ebbero i custodi del palazzo del sultano veduta la madre di Aladino, ne avvisarono il padrone; subito fu dato l’ordine alle compagnie di trombe, di timballi, di tamburi, di pifferi e d’oboè, che già stavano disposte in diversi luoghi de’ terrazzi, ed in un attimo l’aria risuonò di sinfonie