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Pagina:Le mille ed una notti, 1852, III-IV.djvu/548

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«Simile dichiarazione fu argomento di grande sorpresa per Aladino, il quale sentivasi innocente, e chiese all’officiale se sapesse di qual delitto venisse accusato. Colui rispose che tanto egli, quanto la sua gente lo ignoravano.

«Siccome il giovane vide che i suoi seguaci erano inferiori di molto al distaccamento, ed anzi si allontanavano, smontato da cavallo: — Eccomi,» disse, «eseguite l’ordine che avete. Posso però asserire che non mi sento reo di alcun delitto, nè contro la persona del sultano, nè verso lo stato.» Gli passarono tosto intorno al collo una lunga e grossa catena, colla quale lo legarono anche a mezzo il corpo in modo, che non aveva nemmeno le braccia libere; e quando l’officiale si fu posto alla testa della squadra, un cavaliere prese l’estremità della catena, e camminando dietro all’officiale, condusse Aladino, il quale si trovò costretto a seguirli a piedi, ed in tale stato venne trascinato verso la città.

«Quando i cavalieri furono entrati nel sobborgo, i primi che videro condur Aladino come un reo di stato, non dubitarono non fosse per tagliargli la testa; e siccome era generalmente amato, alcuni presero spade od altre armi, e chi non ne aveva munironsi di pietre, e tutti seguirono i cavalieri. Coloro che si trovavano in coda si volsero, manifestando l’intenzione di volerli dissipare; ma ben presto quelli ingrossarono in tanto numero, che i cavalieri presero il partito di dissimulare, reputandosi troppo felici, se poteano giungere al palazzo del sultano senza che lor fosse tolto il prigioniero. Per riuscirvi, secondo che più o meno larghe erano le vie, ebbero cura di occupare la larghezza intiera del terreno, ora stendendosi ed ora stringendosi, e di tal modo giunsero alla piazza del palazzo, dove, schieratisi tutti in una linea, fecero fronte alla plebaglia