Pagina:Le mille ed una notti, 1852, III-IV.djvu/742

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che non avrebbe certo intesa la mia voce; ed allorchè pure l’avesse udita, non avrebbe potuto dirigere il cavallo per farlo tornar indietro, non conoscendone il segreto, nè avendo avuta la pazienza di volerlo intendere da me. Ma, sire,» soggiunse, «v’ha però da sperare che il principe, nell’imbarazzo in cui si troverà, possa avvedersi di un altro cavicchio, e girarlo; il cavallo allora cesserà dall’alzarsi, scendendo tosto verso terra, dove potrà posarsi nel luogo che giudicherà meglio, governandolo colla briglia. —

«Malgrado il ragionamento dell’Indiano pieno di probabilità, il re di Persia, atterrito dall’evidente pericolo che sovrastava al figliuolo: — Suppongo,» riprese, «cosa peraltro incertissima, che il principe mio figlio si accorga dell’altro cavicchio, e ne faccia l’uso che tu dici; non può il cavallo, invece di calare in terra, cadere sulle rocce, o precipitarsi con lui nelle profondità del mare?

«— Sire,» rispose l’Indiano, «posso liberare la maestà vostra da simile timore, assicurandola che il cavallo passa i mari senza mai cadervi, e porta sempre il cavaliere dove ha l’intenzione di recarsi; vostra maestà può stare certa che per poco il principe si avvegga dell’altro cavicchio, il cavallo lo porterà sempre laddove vorrà recarsi; ned è da credere ch’ei si porti altrove se non in luogo da poter trovare soccorsi, e farsi conoscere. —

«A quei detti dell’Indiano: — Comunque sia la cosa,» replicò il re di Persia, «siccome non posso fidarmi nell’assicurazione che tu mi dai, il tuo capo mi risponderà della vita del mio figliuolo, se fra tre mesi non lo veggo tornar sano e salvo, o non sappia al certo ch’egli esista.»