Pagina:Le mille ed una notti, 1852, III-IV.djvu/82

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NOTTE CCXLV


— Sire, la Bella Persiana si avvide che Sceich Ibrahim erasi fermato sullo scalone, e ne avvertì Noreddin. — Signore,» soggiunse quindi, «voi vedete ch’egli dimostra avversione pel vino; eppure non dispererei di obbligarlo a berne, se voleste eseguire quello che vi dirò. — E qual cosa?» chiese il giovane; «parlate, ed io farò il desiderio vostro. — Impegnatelo solo ad entrare e rimaner con noi,» diss’ella; «poco dopo, versate da bere e presentategli la tazza; se la rifiuta, bevete, e poscia fingete di dormire; io farò il resto. —

«Noreddin comprese l’intenzione della Bella Persiana, e chiamò il custode, il quale comparve sulla soglia; — Sceich Ibrahim,» gli disse, «noi siamo Vostri ospiti, e ci avete accolti nei modi più cortesi; vorreste rifiutarvi alla preghiera che vi facciamo di onorarci della vostra compagnia? Non vi domandiamo che beviate, ma soltanto dì farne il favore di starci accanto. —

«Il vecchio si lasciò persuadere: entrò, e sedè sull’orlo del sofà, il più vicino alla porta. — Là non istate bene, e non possiamo aver l’onore di vedervi,» disse allora Noreddin; «accostatevi, ve ne supplico, e sedete presso la signora, che ne sarà ben contenta. — Farò dunque ciò che vi piace,» disse Sceich Ibrahim. Si avvicinò, e sorridendo del piacere che stava per provare trovandosi accanto ad una sì vezzosa creatura, sedè a qualche distanza dalla Bella Persiana. Noreddin la pregò di cantare una canzone, per riguardo all’onore che Sceich Ibrahim