Pagina:Le mille ed una notti, 1852, V-VI.djvu/111

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«E l’uccello: — Voltatevi, e vedrete dietro a voi un bosco, nel quale lo troverete. —

«Il bosco non era molto lontano; la principessa vi andò, e fra molti alberi, i concerti armoniosi che udiva le fecero conoscere quello che cercava; ma era grossissimo ed altissimo. Tornata dunque dall’uccello, gli disse: — Uccello, ho trovato l’albero che canta, ma non posso nè sradicarlo, nè portarlo via. — Non è necessario sradicarlo,» rispose l’uccello; «basta prenderne il minimo ramoscello, e portarlo via per piantarlo nel vostro giardino; appena sarà fitto in terra, vi metterà radice, ed in poco tempo lo vedrete diventare un albero bello quanto quello che ora scorgeste. —

«Allorchè Parizade ebbe in mano le tre cose, delle quali la divota musulmana le aveva fatto concepire sì ardente brama, tornò a dire alla bestiuola: — Uccello, tutto ciò che facesti per me non basta; tu fosti cagione della morte de’ miei due fratelli, che star devono fra le pietre nere da me vedute salendo: io intendo condurli meco. —

«Parve che l’uccello avesse voluto esimersi volentieri dal soddisfare alla domanda della giovane, ed in fatti ne fece difficoltà. — Uccello,» insistè ella, «sovvengati che dichiarasti di essermi schiavo, che lo sei in fatti, e che la tua vita sta in mia balia. — Non posso negare questa verità,» rispose la bestiuola; «ma sebbene ciò che mi domandate sia della maggior difficoltà, non tralascerò di compiacervi. Gettate l’occhio qui intorno,» soggiunse, «e guardete se non iscorgete una brocca. — Sì, la veggo,» disse la principessa. — Or bene, prendetela, e scendendo dalla montagna, versate un po’ di quell’acqua, della quale è piena la brocca, sopra ciascuna pietra nera; sarà questo il mezzo di ricuperare i vostri fratelli.»

L’alba mise fine al discorso di Scheherazade; la domane e le notti seguenti, essa continuò il racconto in codesti sensi: