Pagina:Le mille ed una notti, 1852, V-VI.djvu/128

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avvertirono il sultano essere colei la loro sorella, e lo supplicarono ad aggradire i rispetti ch’essa tributava a sua maestà.

«Si abbassò il monarca per aiutare la principessa a rialzarsi, e dopo averla considerata ed ammirato alcun tempo lo splendore della sua beltà, della quale rimase abbagliato, la sua buona grazia, il portamento ed un certo non so che, che non risentivasi della campagna ove dimorava: — I fratelli,» disse, «son degni della sorella, e la sorella degna dei germani; ed a giudicare dell’interno dall’esterno, non mi maraviglio più se gli uni non vogliano far nulla senza il consenso dell’altra; ma spero bene conoscerla meglio che non possa sembrarmi a prima vista, quando avrò veduta la casa. —

«La principessa prendendo allora la parola: — Sire,» disse, «non è che una casa di campagna, la quale conviene a persone come noi, che conduciamo vita ritirata dalla società; essa non ha nulla di paragonabile colle case delle grandi città, ed ancor meno coi palagi magnifici appartenenti ai sultani. — Non convengo del tutto nel vostro sentimento,» disse cortesemente Firuz-Schah; «ciò che ne veggo così alla prima, fa che vi tenga un po’ per sospetta. Mi riservo ad esternare la mia opinione quando me l’avrete mostrata; andate dunque innanzi, ed insegnatemi la via. —

«La giovane, lasciata da parte la sala, condusse il sultano d’appartamento in appartamento; ed egli, dopo averli considerati partitamente con attenzione, ed ammiratane la varietà: — Mia bella,» disse a Parizade, «chiamate voi questa una casa di campagna? Le maggiori e più belle città rimarrebbero in breve deserte, se tutte le case di campagna somigliassero alla vostra. Non istupisco più che vi piaccia tanto lo star qui, e disprezziate la città. Fatemi pur vedere il giardino; mi aspetto che corrisponda alla casa. —