Pagina:Le mille ed una notti, 1852, V-VI.djvu/131

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di sotto; quello che deve rendere l’acqua ancor più mirabile a vostra maestà è, ch’io non ne ho gettato nel bacino se non un solo fiasco, ed essa vi crebbe, come vede, per una proprietà che le è particolare. —

«Allontanandosi il sultano in fine dalla fontana: — Eccone abbastanza per la prima volta,» disse, «poichè mi riprometto di tornar sovente. Conducetemi ora a vedere l’uccello che parla. —

«Avvicinandosi alla sala, il re scorse sugli alberi un numero prodigioso d’uccelli, che empivano l’aere, ciascuno alla sua foggia, di canti e gorgheggi; e chiese perchè si fossero colà adunati, piuttosto che sugli altri alberi del giardino, in cui non ne aveva veduto, nè udito veruno.

«— Sire,» rispose la principessa, «è perchè tutti vengono dai contorni ad accompagnare il canto dell’uccello che parla. Vostra maestà può scorgerlo in quella gabbia posta sur una finestra della sala nella quale sta per entrare; e se voglia prestarvi attenzione, si accorgerà che ha esso un canto altisonante superiore a quello di tutti gli altri uccelli, e persino dell’usignuolo, che non se ne avvicina nemmen di lontano. —

«Firuz-Schah entrò nella sala, e continuando l’uccello il suo canto: — Schiavo,» gli disse la principessa, alzando la voce, «ecco il sultano; fategli i vostri complimenti. —

«Cessò l’uccello sul momento di cantare, e tutti gli altri cessarono anch’essi i gorgheggi.

«— Il sultano sia il ben venuto!» disse; «Dio lo colmi di prosperità e prolunghi il numero de’ suoi giorni! —

«Siccome il pasto era servito sul sofà presso la finestra ove trovavasi la bestiuola, il sultano, mettendosi a tavola, gli rispose: — Uccello, ti ringrazio del tuo complimento, e saluto in te il re degli uccelli. —